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LO SPORT
Non mi piace lo sport. Anzitutto non mi piace l’aspetto organizzato. Tornei, campionati e mercati vari. Tizi ricoperti di marche della pasta e delle sigarette che guadagnano in un pomeriggio più di quanto mio padre abbia guadagnato in quarant’anni e non sanno coniugare un congiuntivo; gente che si esalta a guardarli e si agita e litiga se le cose vanno male alla squadra o al campione di turno. Programmi idioti che fanno processi e appelli vari per discutere di nulla ma discutere il più possibile. Se c’è una cosa che non sopporto proprio è la parte sportiva dei giornali. Una volta ero rimasto in una sala d’attesa per due ore e c’era soltanto la gazzetta. Una esperienza di tortura senza precedenti. E infine l’elemento agonistico, la gara, il sudore, le regole del gioco e la bravura nell’usarle a proprio vantaggio. L’agonismo e il fair play mi infastidiscono. Se lotto lotto per vincere qualcosa non per ‘lo sport’. Un trucchetto meschino per incanalare la distruttività e sfogare gli istinti aggressivi. Se fai sport non riesci più a fumare tre pacchetti di sigarette al giorno, non puoi sbronzarti troppo spesso e a certi livelli addirittura non puoi fare sesso tranquillamente. In più stanca. Non fa per me, davvero. Meglio allora le carte o il ping-pong o meglio di tutti il computer. A DooM ci faccio partite infinite ad ammazzarmi a colpi di lanciarazzi o doppietta con il mio pard Gò. Eppure di sport ne ho fatti parecchi, dal tennis alla pallavolo, dal basket al nuoto, dal savate allo sci. I risultati variabili, talvolta ottimi, altre volte nella media, altre volte pessimi. Ad esempio a pallavolo me la cavavo molto bene, a basket così così e a calcio ho giocato solo dai sette ai tredici anni. Ricordo che mi scartavo da solo. Andava così: io inseguivo la palla per ore in giro per il campo, poiché appena la raggiungevo e la toccavo con i piedi quella partiva a razzo in una direzione inattesa, ed io dietro a rincorrerla. Ma tutti mi volevano in squadra perché ero un tipo deciso. Insomma, siccome non sapevo giocare quando mi venivano sotto gli avversari li scaraventavo a terra senza mezze misure e se l’arbitro rompeva lo buttavo fuori dal campo. Nei tiri ero un affare al 50%. Tiravo così forte che se centravo la porta la palla andava in gol, con o senza il portiere appresso. Ma accadeva solo il 50% delle volte che centrassi la porta. Il gioco di squadra mi diverte, ma preferisco fare il veneziano. Più che gli sport di squadra mi sono divertito con quelli che si fanno da soli. Ad esempio pesistica, o nuoto, mi piacevano. Coi pesi poi è fenomenale. Mi basta un mesetto di allenamento e mi gonfio come un palloncino. Poi ci metto circa tre anni a sgonfiarmi. Di solito faccio un mesetto di allenamento ogni tre anni. Siccome sono un tipo nervoso e in gioventù (che bello dirlo a 26 anni) anche piuttosto aggressivo, ho fatto un bel giretto ampio negli sport di combattimento. Karate, Savate, Box. Tutti per poco tranne karate che è durato alcuni anni (i primi in cui ho conosciuto Stuart). Non malaccio, ma alla fine mi sentivo un po’ in dubbio, specie su box e savate: bisognava fare finta di picchiarsi o picchiarsi davvero? Fare finta non mi pareva fruttuoso, e per farlo davvero allora va benissimo un pub. Posso bere e fumare, e non mi squalificano se uso un seggiolino per colpire sotto la cintola. Ecco, mi divertivo davvero ad andare a cavallo. Peccato che dopo quattro incidenti in macchina la schiena non sia più in ottime condizioni per l’equitazione. Poi ci sono gli sport nuovi e quelli da VERO FIGO. Mountain Bike (oddio!), Squash (provato: letale), Drafting ( ma che cazzo è?), Surfing, Deltaplano, Immersioni. Tutto molto bello, ma sembra che debba costare un miliardo a botta per forza. Tra qualche anno quando non saranno più di moda e costeranno umanamente forse saranno avvicinabili. Che dire, lo sport non mi piace granché. Insomma, finché ci si allena è anche divertente ed è utile contro l’insonnia, ma alla lunga (anche alla media, via) mi stufa. Stuart è un vero sportivo mancato. Ha iniziato a fare karate che aveva sei anni, ed ha smesso intorno ai diciotto per dedicarsi a birre e sigarette. Ma è stata una lotta dura, credetemi sulla parola.
Ve ne racconto qualche battaglia. Stefano Re © 1997
da Tracce
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