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Love

GLI SCHIAFFONI
Una sera la ho presa a ceffoni. Non credevo avrei mai preso a schiaffi una donna in vita mia. Invece lo ho fatto. Tre giorni prima era Giovedì, e lei stava male. Io avevo un esame, Lunedì. L'ultimo esame, poi dovevo laurearmi. Era importante che lo passassi, cazzo. Ma lei stava male. Aveva dei problemi, coi suoi ma soprattutto con me, e per quello stava male. Doveva per forza andarsene via. Così le ho detto che se voleva la portavo via io. Fanculo l'esame. Avevo mandato affanculo tante di quelle cose cui tenevo per lei, una di più non cambiava poi tanto. Siamo partiti insieme. Per tre giorni non mi ha praticamente parlato. Non faceva che sclerare e prendersela con me perché non ero capace di capirla, aiutarla e fare o dire le cose giuste. Sabato notte eravamo in un letto matrimoniale. Non dormivo da tre giorni, per starle dietro in varie cose. Per tutta la sera le avevo chiesto cosa aveva, visto che non mi cagava e mi era ostile. Mi rispondeva: non lo so. In alternativa mi rispondeva: non lo capisci da solo? No, cazzo. Non lo capisco proprio. Bhè eravamo a letto, e lei non aveva sonno. Accende la radio, la luce e si mette a leggere. Ogni tanto si gira e mi tocca dentro. Insomma mi tiene sveglio. Le dico: senti, sono davvero a pezzi. Se vuoi parlare parliamo domani. Ora devo per forza dormire, quindi per favore, lasciami dormire. Mi dice: ok. E ricomincia come prima. Alla fine mi alzo e scappo in salotto, mi stendo su un divano. Mi segue, accende la luce, mi tira addosso i cuscini. Mi alzo e le urlo addosso di lasciarmi in pace. Lei mi aggredisce, io la scaravento sulla poltrona. Lei comincia a insultarmi ed urlare e minaccia di rompere la televisione. Faccio per fuggire in camera da letto di nuovo, perché capisco che sto per mollare gli ormeggi. Mi insegue, mi aggredisce.
E a questo punto, basta.
Perdo il lume e la piglio a schiaffoni. All'inizio lei reagisce e io picchio più forte, quindi capisce che non conviene e si rannicchia. La sculaccio per un po', poi mi fermo e mi sento male. Scappo sul balcone mentre lei piange sul divano. Quando le ginocchia la piantano di tremarmi la raggiungo e cerco di calmarla, di chiederle scusa. Per un po' mi ha evitato, poi si è calmata ed è tornata a letto. Ho pianto quasi tutta la notte. La ho lasciata la mattina seguente. Per l'ultima volta, spero.


Stefano Re © Ago 1997
da Tracce