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Love

QUALCHE DIALOGO DEL DOPO
I.
Alla fine avevo il fiatone.
Lei infilò una mano tra i nostri corpi e mi sollevò la maglietta, poi sollevò la sua.
"Mi piace sentire la tua pelle sulla mia" spiegò.
"Non siamo andati in piscina, oggi" dissi io.
"Mi piace sentire la tua pelle sulla mia." Disse lei.
"Martedì andiamo in piscina." Dissi io.
"Non ti piace sentire la mia pelle sulla tua" disse lei, delusa.
Rotolò al mio fianco e si girò di là, dandomi le spalle. Mi tirai su e le posai un bacetto sulla guancia. Lei sorrise. Mi piaceva un mondo sentire la sua pelle sulla mia. Mi sdraiai di nuovo.
"Sennò finisce che perdiamo l'allenamento." Dissi.
"Cosa?" disse lei.
"La piscina" risposi.

II.
Eravamo sdraiati sul letto. Era stata una cosa lunga, a più riprese, piuttosto faticosa per tutti e due, ed io ero in mezza catalessi. Lei allungò una mano in mezzo alle mie gambe. La posò sulla patta dei jeans. "È ancora duro!" disse.
"Uh" feci io.
La mano restò là. Picchiettava con le dita al ritmo della canzone.
"È anche lungo e grosso." Aggiunse.
"Uh" feci io. La sbirciai. Sorrideva, maliziosa.
Dopo qualche minuto mi girai a pancia in giù.
Lei mi diede un bacio sulla guancia, e pensai di averla scampata. Invece riecco la sua manina che tenta d'infilarsi sotto di me. La blocco con la mia. "Voglio sentire Willie!" protestò lei.
"Uh" ribattei, senza mollarle la mano. Me la portai alle labbra e le baciai le dita. Lei tentò con l'altra mano, e quasi ce la faceva. La presi con l'altra mia mano. Alzò un ginocchio. Lo fermai con la coscia. Restammo in stallo, aggrovigliati sul letto come due danzatori moderni.
"Senti, gli voglio solo parlare" disse lei. "Voglio vederlo un attimino."
"Sono chiuse le udienze" dissi. Ma lei non cedeva. Alla fine fui io a cedere, anche perché non avrei retto a lungo in quella posizione. Lei si tirò su a sedere e mi voltò a pancia all'aria. Mi sbottonò i jeans e aprì i boxer. Poi iniziò a parlargli allegramente, dicendo cose tipo: "Come stai? Di già in piedi? Non ti incazzare dai.." e poi di botto gli allunga una stoccata con la mano. La fermo sul fatto. "Avevi detto che gli volevi solo parlare!"
"Ma io gesticolo, mentre parlo" precisò. Con uno scatto si liberò e tornò all'attacco. La bloccai in qualche modo. Ma dove trovava tutte quelle energie? Io ero a pezzi. Il mondo è delle donne, pensai. "Lasciami!" inveì. "Solo perché sei più forte!"
"Uh" ribattei.
Con uno scatto tentò le ginocchia. Me lo aspettavo e respinsi il tentativo. Fulminea, si piegò in avanti e ci sfregò sopra la faccia. La tirai per i capelli, e lei me lo morse. Mi venne l'ispirazione. Le presi una ciocca di capelli e la infilai nei boxer, tra i peli ancora tutti intrisi di sperma. Appena se ne accorse mollò la preda e arretrò inorridita. "Mi hai appiccicato tutti i capelli!" strillò. Approfittai della tregua per richiudermi i jeans, poi le balzai addosso e la bloccai sotto di me rotolandole sopra. "Ecco," le dissi, " quando ti ho conosciuta nemmeno ci posavi sopra lo sguardo. Tra poco mi toccherà metterti una museruola per poter respirare." Si infuriò, poi scoppiammo a ridere insieme. La lotta ricominciò. Ci rimediai una ginocchiata ed una testata. La ginocchiata nelle palle.
Quando la pace tornò sul letto lei mi carezzava il collo su cui spiccava un succhiotto spropositato. Mi sfuggì una risatina.
"Perché ridi?"
"Museruola" dissi. Ridemmo ancora, ma la lotta non ricominciò. Me ne aveva già date abbastanza. "Questa la devo scrivere" dissi. "Cosa? Tu sei matto. La gente penserà che sono una maniaca! Ci sei già tu di maniaco, in famiglia ne basta uno." "Ok," risposi, "scriverò anche questo" Allora non ti parlo più." Si voltò dall'altra parte, tutta rannicchiata su sé stessa. Dopo un attimo si rigirò e mi schioccò un bacio sulla bocca. La guardai, stupito e grato. "Però i baci te li do lo stesso" precisò.
Le saltai addosso e rotolammo giù dal letto. In quel momento entrò mia madre.

III.
Mi alzai dal letto e mi stiracchiai un po'. Lei si tirò su a sedere e fece un Oh di sorpresa, passandosi una mano sulla pancia. "Ma io.. per carità.. ho tutto il lago su di me!" disse. Cercavo le sigarette. C'era troppo casino sulla mia scrivania. "Per carità?"
"Sì, ho sbagliato parola," disse. "È tutto su di me?" Mi toccai la pancia, i boxer, la maglietta. Tutto asciutto. "Metà per uno," mentii. "Sono già asciutta," disse dal letto disfatto. "Anch'io" confermai, e mi ricordai che le sigarette erano nel taschino della camicia. La presi dalla sedia e tirai fuori il pacchetto. "Metà per uno." Disse lei dal letto. Tirai fuori una sigaretta sola. La accesi e tornai sul letto. "Metà per uno," confermai.
Fumavamo sdraiati, mentre calava la sera.




Stefano Re © 1991
da Tracce