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SPECIALE LIVING DEAD
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4.4 Land e il capitalismo
Land of the Dead giunge con dieci anni di ritardo sul tabellone di marcia tenuto da Romero per la realizzazione suoi primi tre film. Forse anche per questo mostra molto impegno nel ritrarre i molti e notevoli mutamenti intercorsi nel frattempo nel mondo "reale", quello fuori dello schermo di cui i film di Romero sono periodiche, orrifiche metafore di aggiornamento. Mentre nei film precedenti i personaggi si muovevano reagendo allo sviluppo della trama in sé stessa, lasciando alla simbologia e ad una lettura en contesto i significati politici, in Land la critica di Romero al sistema si alza di tono, assume un ruolo assai meno didascalico, abbandona il livello di lettura metaforico e si spinge fino a disegnare personaggi e influenzare pesantemente lo sviluppo della trama e la psicologia dei protagonisti. Così troviamo frasi sempre più esplicite in bocca ai personaggi, tra cui un Riley che cerca "un mondo senza barriere"; un Kaufman che "non tratta coi terroristi"; una Slack che sentenzia riguardo al "Grande Capo" che "tutto quello che ti bevi, che ti fai, che ti scopi, su cui scommetti, appartiene a lui"; un Cholo che sostiene "l'amore non mi interessa, mi interessano solo i soldi, è tutto quello che voglio." In Land, il micromondo che si è creato nella città assediata dagli zombie ricorda per molti versi la Manhattan di Fuga da New York di Carpenter. Chiusa da fiumi e protetta da un esercito, è un mondo che ha ricostruito le proprie regole ed i propri equilibri. I sopravvissuti sono divisi in classi sociali ben distinte: i ricchi e potenti nel grattacielo di lusso, i poveri e diseredati ammassati nelle strade, distratti da scommesse e droghe, sfruttati dai potenti come vile manodopera. Ovviamente, i potenti detengono il controllo delle forze di polizia, un intero esercito privato che protegge la nuova società dagli zombie che premono dall'esterno e dalle minacce di ribellione "interne" con la medesima spietatezza. Nel micromondo di Land i potenti dominano con il potere del danaro e dello status, appoggiati sulla semplice legge dei fucili. Ma a differenza dei primi due film, in cui le questioni ideologiche erano suggerite, quasi sussurrate allo spettatore, in Day prima e in Land poi esse assumono uno spazio sempre maggiore, ed i personaggi ne escono sempre meno plausibili, sempre più fragili e stereotipi. Così Riley perde parte della sua credibilità con uscite filosofiche, Cholo diventa ridicolo nel suo desiderio di ottenere dei soldi (che non potrebbe comunque spendere da nessuna parte), Kaufman infine è la quintessenza del simbolico, completamente soggetto ad argomenti e stili di pensiero che sembrano usciti da un libro di denuncia della Klein. Il delirante discorso sulla responsabilità che propina ai notabili in un momento di crisi per giustificare le proprie scelte appare un incoerente delirio, grottescamente raffazzonato. Nello stesso filone di scelte simboliche si iscrive la fragile metafora dei fuochi d'artificio che immobilizzavano gli zombie distraendoli mentre i cacciatori ne facevano scempio (con ferocia e modalità identiche a quelle dei saccheggiatori di Dawn). Quando il benzinaio-crociato (ovviamente di colore) li guida al massacro dei ricchi nell'ultima roccaforte umana, i fuochi d'artificio non funzionano più. Gli zombies hanno acquisito la propria coscienza di classe. E non si fanno più ingannare dalle girandole di fuoco nel cielo. Ma se da un lato queste scelte rendono l'accusa più chiara e risuonante, dall'altro l'avventura ne subisce il peso, perdendo freschezza, agilità e verosimiglianza. Ritengo che Night e Dawn siano stati assai più efficaci nel suggerire una critica feroce del razzismo l'uno del consumismo l'altro di quanto Land lo sia oggi nel criticare il capitalismo e l'attuale politica del governo degli USA. Stefano Re ©2005
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