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Sesso

BECCATI IN PIENO
Ve ne racconto una. Avevo 18 anni e stavo con Francesca, quella delle Fisherman Friends. Lei era una mia compagna di classe. Viveva con sua madre, divorziata, donna-manager impegnatissima, il tipo da due forchette di fianco al piatto e se sbagli ti guarda malissimo. Io ero un tipo mimetica e anfibi e vi lascio immaginare quanto le stessi simpatico. Bien. La madre è partita per un viaggio in Europa e non torna fino a domani. Francy mi invita a casa sua per una giornata di sesso. Vi descrivo la scena: entrambi stesi sul divano-letto. Io ero totalmente nudo. Avevo le mani legate dietro la schiena con un foulard e la stavo baciando tra le gambe. Lei era truccatissima, aveva addosso calze a rete, reggicalze, un corpetto in pelle e guanti al gomito. Eravamo tutti e due impiastricciati di panna, miele e marmellata. Mi aveva persino messo il rossetto. Insomma, lei sta proprio per venire, è mezza inarcata e mi tiene la testa con le mani quando suona il citofono. Io sollevo la testa e la guardo. Lei solleva la testa e mi guarda. Ha della panna tra i capelli. Ne avevo anche io, ma non potevo vederla. E il citofono suona di nuovo. Si alza, e va a sentire chi è. La sento che dice: sì? Mamma? E come mai sei già tornata? Sì, no, cioè... ora non posso scendere ad aiutarti coi bagagli.. Avete presente il panico? Mi slego dal foulard (per fortuna che non avevamo le manette!) e cerco di raccattare i vestiti. Lei torna nella stanza e apre gli scuri e la luce del pomeriggio chiarisce la catastrofe: la stanza è un campo di battaglia. Cuscini e lenzuola in giro, barattoli di miele e marmellata, il letto disfatto e tutti i nostri vestiti sparsi in giro. Mi infilo i jeans, non trovo più né boxer né calze, mi infilo le scarpe e la camicia. Francy rovista in cerca di qualcosa per coprirsi, si infila una felpa e scalcia le scarpe col tacco sotto la scrivania, si rassetta i capelli sporchi di panna. Le dico: il trucco in faccia. Si passa una mano e peggiora la cosa. Sul collo e sulle gambe spicca il rossetto dei miei baci. Su tutto il mio corpo il rossetto dei suoi. Cerco di rimettere a posto la stanza, ma è una battaglia disperata. Le chiavi ruotano nella porta di casa. Le dico: i guanti! Li toglie e li getta dietro la porta mentre la madre entra in anticamera.
- Allora Frà, mi dai una mano almeno adesso?
Lei va, io mi nascondo dietro la porta dove c'è la Cyclette, cercando di infilare la camicia nei jeans. Attendo l'occasione per guadagnare il pianerottolo. Sto allacciando i primi bottoni (sbagliando, come è ovvio) quando la madre dice: Sei sola in casa? E lei : no, c'è Stefano di là.
E adesso?
Prima che possa uscire dal mio nascondiglio la madre irrompe, sbrigativa, nella stanza, sbattendomi la porta in faccia. Ciao Stefano, dice alla stanza vuota. Ma dove sei? Ed io sbuco dal mio nascondiglio, con un sorriso idiota reso ancor più idiota dai resti del rossetto. Hem.. qui.. biascico. Lei si gira e dice: e cosa stai facendo lì dietro? Ed io, indicando con nonchalance la Cyclette: Stavo... giocando...
giocando?
Dico vi rendete conto? Non mi è venuto in mente niente di meglio da dire...
Lei mi guarda. Vede la panna nei capelli. Vede un bel segno di rossetto in fronte e quello che mi era rimasto sulle labbra. Vede la camicia mezza aperta mezza fuori dai jeans e probabilmente i segni degli altri baci sul collo e sul petto. Vede le scarpe slacciate e vede tutto questo e io capisco che lo vede. Si gira e guarda la stanza, si rigira e riguarda me. Dice: ah, bene. E poi esce dalla stanza a passo di marcia e va in camera sua a disfare i bagagli come se niente fosse. Oggi sono convinto che sia andata di là a sghignazzare. Quel giorno temevo stesse cercando il revolver.
Dopo due minuti Francy mi raggiunge nella stanza. Il rossetto le è diventato una striscia da guerra Cheyenne dalle labbra allo zigomo destro. Sotto la felpa ci sono le calze a rete. Si vedono benissimo i segni dei miei baci lungo le sue cosce. È buffa e sexy e mi torna duro il pisello.
Stavo giocando.
Mi accendo una sigaretta e le dico: hai la panna nei capelli. Lei dice: anche tu. Cosa le dirai? Mi guarda silente. Poi: Potrei dirle che stavamo studiando... e quando è suonato il citofono tu sei impazzito e hai messo a soqquadro tutto... Citofono!! Citofono!! Urla e agita le mani in aria a titolo dimostrativo. Scoppia a ridere. Rido anche io. Abbiamo riso per dieci minuti buoni. Ci ho messo altri dieci minuti a ritrovare i miei boxer. Sulla porta ho detto: salve signora. Lei ha inviato un distratto ciao dalla sua stanza.

Non le ha fatto menate. Le ha solo chiesto a bruciapelo, dopocena, se prendeva la pillola. Francy a esalato un sì e la cosa è finita lì. In seguito, ogni tanto, mentre facevamo sesso a casa sua Francy si bloccava, mi fissava e strillava: Citofono! Io rispondevo: Stavo solo... giocando.
Poi riprendevamo, ridendo.
Con le orecchie ben aperte.


Stefano Re © 1997
da Tracce