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Sesso

ORGIA LAGUNARE
Questo weekend. Dovevo andare a Venezia. Dovevo bigiare una cena con amici che volevo conoscere. Venerdì sera ho scritto ad una coppia in una messaggeria. Cercavano un terzo per lei. Lui sottomesso, ombre sadomaso che ghignavano tra le righe. Non ho mai dato spazio alle cose affrettate. Io il sesso lo costruisco su emozioni, feeling, tempi. Non ci corro sopra. Ma sono qui, sono vivo, sono morto e devo fare qualcosa. Violentarmi, forse. Ho scritto e ho scritto davvero, e lei ha letto e ha letto davvero. Telefoni, fotografie, treno. In treno ho conosciuto una ragazza francese. Bella, simpatica, sensibile. Mi ha chiesto cosa andavo a fare a Venezia. Le ho detto: la cosa più matta della mia vita, credo. Dopo aver discusso per un'ora di metacomunicazione e storia del cinema e tristezza dei quadri le ho detto ridendo che cosa andavo a fare a Venezia. Lei rideva, occhi che brillavano. "Bello" ripeteva. Le ho chiesto se voleva venire anche lei. Ha detto di sì.

Venezia, laguna fuori dalla finestra. La coppia: lei, novella Ligeia, occhi che mandavano scintille, bionda e sexy e magra come un cadavere. Lui schiavo, nudo in ginocchio. Lacci e collare e polsiere e mollette, cera e frustino. Già visto, già vissuto, ma ho sempre chiesto tempo a me e feeling a tutti per entrare in questo. Non stavolta. Stavolta mi sono violentato. E mi è piaciuto. Lei che mi succhiava, insultandolo, io che suggerivo nuovi modi di umiliarlo. Lei che rideva. Io che spiegavo a lui che era sacro, che era il più forte lì dentro perché il piacere mio e della sua compagna e Padrona passava attraverso di lui. Io e lei che facevamo sesso, lo frustavamo, lo penetravamo con candele, versavamo cera sul suo corpo nudo, gli facevamo leccare i nostri succhi. La francese ci ha raggiunti con un vecchio marpione. Le due donne, come un film porno. Il vecchio che ci si metteva in mezzo, io che guardavo, apprezzavo anche, ma non partecipavo. La francese, bellissima. Le ho baciato un labbro, con tutta la dolcezza che possiedo, mentre veniva sotto la lingua dell'altra donna, mentre il marpione la toccava dietro. Il marpione: "scopatela, non ti piace? scopatela". Ho scosso la testa, ho sorriso. Non è un tuo regalo. Non è così che la voglio.
Lingue e chiappe e tette ovunque e io fumavo e sorridevo e il mio pisello ballava un rock pesante nei pantaloni in pelle. Dopo, mentre tutti si riprendevano con sigarette e lo schiavo cucinava per tutti (dio come ha cucinato bene, mai mangiato così bene, dico davvero) dopo, dicevo, ho cercato la francese.Seduto di fianco a lei, mentre il marpione ci tentava senza successo con la Padrona. Io e la francese. Seduto e prendendole la mano, mi perdevo nei suoi occhi e lei nei miei. Minuti come secoli, mentre la amavo con gli occhi. Le ho sfiorato le labbra con un bacio. Non c'era più nessuno, lì, oltre a noi. La laguna, fuori, tratteneva il respiro. E non ero più (un attimo, ma che attimo) solo. Erano pronte le orate.

Cena surreale. Mezzi svestiti, il marpione che insisteva con Ligeia, la francese che cercava con gli occhi lo schiavo in ginocchio per terra, mezza imbarazzata mezza divertita, io che cercavo cogli occhi l'anima della francese, mezzo imbarazzato mezzo divertito. Quando la trovavo, lei mi fissava e una forchettata di contorno finiva sulla tovaglia.

Dopo la cena, via francese e marpione, mi sono rigettato nel sogno/incubo sadomaso. Tutta la notte io e Ligeia a toccarci, leccarci, scopare. Lo schiavo che gemeva, legato, per terra. Lei che cercava le parole per ferirlo, lui che ringraziava. Techinocolor di sensi, crudeltà, complicità, sensualità. Un'orgia di sensazioni che quella di corpi pareva una stampa ottocentesca.

E il mattino, di nuovo. E peggio, mentre scoprivo di essere più crudele di quanto sapessi, mentre Ligeia spiegava cosa stava facendomi con la bocca, mentre frustavo lo schiavo cercandogli le cosce perché fa più male e continuavo fino a strappargli un breve urlo di dolore. E venivo, sussurrando a Ligeia di portare al suo schiavo il mio regalo, e mi eccitavo di nuovo mentre lei glielo versava in bocca. E poi la volevo scopare, subito, lui bendato, spingendo lei a dirgli cosa stava succedendo, a dirgli che con lui non lo avrebbe fatto mai più, e che voglia, feroce, di frustarlo di nuovo subito dopo.

Ho raccolto le mie cose, Lei era in bagno a frasi bella. Mi accompagnava alla stazione. Lui era legato al letto, gambe divaricate, cera ormai secca ovunque, il sedere segnato dalle frustate. Mi sono seduto vicino, lo ho osservato con affetto. Ho posato una mano sulla sua schiena. Lui, lo schiavo, ha girato la testa bendata, cercando di capire. Totem del weekend, vittima sacrificale, il centro caldo di tutto quello che era successo. Inconsapevole sacerdote di un amore francese, di un'orgia italiana, di una ferocia androgina. Mi sono alzato, in silenzio, e sono uscito.

Sono ripartito nel pomeriggio, sono tornato nelle nebbie di Milano. In treno, ho perso gli occhiali da sole. Avevo occhi nudi allo specchio, stasera.


Stefano Re © 2000