L'idea è certamente intrigante: un turista proveniente da uno sconosciuto paese dell'est europeo incappa in una catastrofe burocratica: in seguito al colpo di stato intercorso nella sua patria durante il viaggio, non ha più alcuna cittadinanza. Il cittadino del niente non può venire ammesso in america, non può essere lasciato andare: è condannato a sopravvivere in quella terra di mezzo che è il terminal di un grande aeroporto finché gli stati sovrani non si riconoscano a vicenda. Ma questo promesso dramma dai tratti esistenziali sfocia quasi subito in una commedia degli equivoci e della stupidità, costringendo il protagonista a barcamenarsi tra questioni di principio, scelte di buonsenso, meschinità umane e distrazioni divine. Un Tom Hanks superlativo, come (quasi) sempre. Costretto però in una trama perennemente indecisa su che strada pigliare, circondato da personaggi macchietta, sindacalismi clandestini da operetta, situazioni non tanto improbabili quanto proprio insostenibili, morale di un pietistico spaventoso e finale con acclamazione del novello Davide e sonora sconfitta del crudele Golia. Steven Spielberg si trascina per tutto il film indeciso se fare una spietata denuncia, una commedia leggera, un film surreale o proprio una fiaba moderna alla "Novecento". E in quest'indecisione affoga tutto il film. Tentativo fallito.