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IPOTESI DI COMPLOTTONE
Parlando di un remake è di norma inevitabile conoscere il film originale. Per cui mi muoverò a tentoni, non avendo avuto mai occasione di vedere il “Manchurian Candidate” girato nel 1962 da John Frankenheimer. Solo un paio di note al riguardo, desunte da ciò che ho potuto apprendere riguardo al primo “candidato di Manciuria”: il film originale inseriva nel contesto della guerra di Korea il lavaggio del cervello subito dal gruppo di soldati americani, legandosi a fatti storicamente accertati (l’uso sistematico di tecniche di condizionamento mentale ai danni dei prigionieri di guerra catturati dai comunisti durante quella guerra) e ad un contesto politico internazionale specifico (la guerra fredda). La rilettura attualizzata di Demme prende invece le mosse dalla oramai nauseante ipotesi di complotto, con l’immancabile multinazionale dietro le quinte, complice il fanatismo idealista militar-fascisteggiante che si vuole a tutti i costi vedere in una parte della rappresentanza politica statunitense. In quest’ottica il film di Demme viene a solcare il ricco e oramai superato filone Hollywoodiano anti-Bush.
Ma sciogliamoci dalla politica elettorale e veniamo al film in sé: questo Candidato di Manciuria trasmette in modo efficace, a mio parere, l’atmosfera paranoide, claustrofobica vissuta dal protagonista. Un Denzel Washington convincente, in cerca di punti fermi mentre ricordi, convinzioni e immagini sfumano dal reale all’irreale, mentre sogno e realtà si scambiano di posto. Anche meglio si destreggia Liev Schreiber, cui tocca la parte di multi-prigioniero sottoposto a ogni forma possibile di condizionamento: affettivo, ipnotico, biochimico, culturale, conscio e inconscio… l’archetipo del burattino con parvenza umana – e nell’intento politico cui si accennava in precedenza, il prototipo del perfetto candidato ad un ruolo di comando: colui che sembrando indipendente e vivo è in effetti completamente manovrabile da parte dei suoi occulti padroni. Citiamo, senza tanto entusiasmo, un Jon Voight piuttosto moscio, cui viene affibbiato il personaggio ciclostile del vecchio saggio senatore democratico tuttodunpezzo Tom Jordan di cui si salva solo una espressione, segnale di vita nel deserto, durante il dialogo con Ben Marco. Ad ultimo, occorre celebrare senza remore la vera star di questo film, una Meryl Streep assolutamente sopra le righe. Inarrestabile, densa e convincente come non mai miscelando cinismo, idealismo, violenza e forza di volontà incarna con passione uno dei personaggi più insopportabili della storia del cinema. La trama si dipana in un crescendo di tensione, rinunciando fin dal principio alla segretezza del suo nucleo (il protagonista denuncia dopo 10 minuti di film di sospettare di esser stato sottoposto a lavaggio del cervello) e si svolge nel percorso asfissiante di chi cerca di convincere e convincersi di non essere matto. Se l’atmosfera è resa assai bene, la narrazione mostra però alcune incertezze, ed almeno una clamorosa assurdità narrativa: un errore è verosimile in ogni situazione, ma l’FBI che permette un incontro tra un candidato alla vicepresidenza degli USA (di cui si sospetta sia sottoposto a controllo mentale da personaggi occulti) e un ex-ufficiale dell’esercito soggetto ad acute crisi di paranoia (che si sospetta sia stato sottoposto a medesimo trattamento condizionante), lasciando i due da soli (!) in una stanza senza alcun controllo audio o video (!!) che addirittura offre una uscita secondaria non controllata (!!!) – suvvia, neppure l’appuntato di Cimiano a mare! Nel complesso un film dalla trama prevedibile, a tratti inverosimile, appesantito da una inspiegabile lentezza intermittente, che punta tutto sulla resa ben risucita di una asfissiante sensazione di accerchiamento e su decine di sfaccettature del tema della manipolazione della realtà, salvato in corner dalla prova eccezionale di Meryl Streep. Da vedere, con riserva.
SCHEDA
The Manchurian Candidate
regia di Jonathan Demme, anno 2004. Personaggi e interpreti: Denzel Washington - Ben Marco Meryl Streep - Eleanor Shaw Liev Schreiber - Raymond Shaw Jon Voight - Thomas Jordan
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