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POLITICA TRIBALE
  Uno degli aspetti più sconfortanti nello studiare i meccanismi di mindfucking è quanto diffusa sia la nozione di "libertà di pensiero" nei seguaci di questo o quel movimento culturale, credo religioso o attivismo politico. In specie, in Italia si verifica un peculiare meccanismo di contraddizione politica che, citando il leader storico del Movimento Radicale italiano, Marco Pannella, definiremmo "tribale." Le caratteristiche tipicamente condizionanti della politica tribale possono venire così riassunte:

• Informazione pilotata

  L'informazione viene continuamente interpretata. Ogni area politica mantiene e cerca di allargare influenza sui mezzi di comunicazione, giornali, reti televisive e in particolare sui telegiornali. In queste sedi l'informazione viene continuamente raffinata, seguendo le forme della palese "preferenza" o la più subdola strategia della finta neutralità. Notizie ed eventi sono sempre messi in luce secondo necessità politiche di parte, e naturalmente l'informazione "gestita" dalla parte opposta viene denigrata, squalificata, considerata mera menzogna. I dati di fatto non hanno più pertinenza in sé, ma assumono rilevanza solo nell'ottica di favorire la propria area politica o osteggiare la parte avversa.

• Altri veicoli

  Oltre alla diretta influenza del sistema informativo, le parti politiche utilizzano altri veicoli per condurre la loro "guerra" contro la parte avversa. Il veicolo della satira e della comicità, ad esempio, è largamente e scientemente utilizzato per introdurre come "dati di fatto" o "opinioni comuni" delle tesi, delle impressioni o dei giudizi di tipo politico. Altre fonti di manipolazione del pensiero pubblico sono ovviamente gli apparati statali e privati che si occupano di educazione, ma anche gli apparati giudiziari e i sindacati. Ogni forma associativa permette un ampio potere di manipolazione del pensiero, e a seconda che l'apparato nel suo complesso conti maggiore o minore presenza di sostenitori di una area politica definita quel sistema aggregativi diverrà cassa di risonanza e di diffusione del messaggio di sostegno "tribale". Per questo motivo i cambi al vertice spesso provocano allarme e disagio: un cambio di linea ai "piani alti" di una organizzazione si scontra necessariamente con il radicato processo di mantenimento della "fedeltà" tribale.

• Demonizzazione dell'avversario

  L'avversario politico, la sua persona fisica, le sue ideologie di riferimento, la sua professionalità e ogni aspetto della sua esistenza vengono attaccate anche aldifuori del piano politico. Le accuse variano timbro e registro, ma l'attacco è assoluto. L'avversario politico è insultato, deriso, considerato al tempo stesso scaltro e stupido, abile nel fare danno e incapace di concretizzare alcunché di positivo. Questo meccanismo provoca una profonda divisione non soltanto nei diretti sostenitori delle aree contrapposte, provocando la necessità di "schierarsi" in difesa del personaggio attaccato o al contrario avvallando le accuse mossegli. L'informazione pilotata impedisce al pubblico di ottenere notizie affidabili, gli eventi perdono "realtà" e non esistono punti di riferimento precisi su cui costruirsi una opinione indipendente dalla politica "tribale:" pareri e opera di studiosi, intellettuali, medici o psicologi non dimostrano nulla, poiché essi restano validi solo se corroborano la tesi della propria parte politica e mentono o sbagliano se corroborano la parte avversa. Lo stesso giudizio delle corti dello stato perde ogni credibilità: i giudici sono corretti ed equilibrati solo se le loro conclusioni sono favorevoli alla propria tesi o parte politica, diventano corrotti e venduti quando il loro operato o le loro conclusioni sono favorevoli all'avversario. Di conseguenza le accuse mosse perdono ogni coerenza e necessità di riprova o affidabilità: esse diventano mere quisquilie, strumenti dialettici privi di sostanza "verificabile". Il "nemico" è considerato di per sé reo di esistere.

• L'errore continuo

  Uno dei meccanismi più affascinanti - e sotto certi aspetti grotteschi - della politica tribale consiste nella continua accusa di errore portata alla parte politica avversa. In nessun caso essa può fare qualcosa di corretto o condivisibile. Qualsiasi cosa affermi o metta in atto è sbagliata, irrealizzabile, dannosa. Persino quando un atto provoca innegabili vantaggi essi sono temporanei, ottenuti a costi inutilmente elevati o portano vantaggi personali ai componenti della parte politica avversa e pertanto sono il risultato egoistico di chi mira ai propri interessi e non realizzato nel bene del paese. Questo meccanismo di continua accusa contrapposta riduce la diatriba politica ad un mero ripetersi della medesima scenetta grottesca: la maggioranza - di qualsiasi colore sia - ha realizzato ho annunciato questo: l'opposizione contesta che è un errore, la maggioranza ribatte che l'opposizione parla senza cognizione di causa e così via. Questo schema è talmente quotidiano, identico e ripetitivo da togliere ogni interesse, credibilità e validità ad ogni accusa e ad ogni risposta. Ciò che rimane nell'opinione pubblica è la riconferma che la propria tribù porta avanti le sue (giuste) linee politiche e la parte avversa persevera nell'errore.

• Accusa reiterata (ripetizione)

  Uno strumento di mindfucking molto usato nella politica tribale è la continua ripetizione di una accusa precisa, con o senza basi dimostrabili. L'accusa può essere di avere avuto legami con la mafia, o con stati e apparati antidemocratici, di frodare il fisco, commettere o aver in passato commesso altre azioni illegittime. Il continuo ripetersi e rimbalzare della accusa rendono la accusa credibile in sé, acquisendola per così dire nel corpus del sapere sociale su una data parte politica o su un preciso personaggio. Questo "etichettamento pilotato" ritorna assai utile come strategia di radicalizzazione del conflitto, diventando una arma efficace in ogni contrasto polemico, che abbia o meno alcuna pertinenza con l'accusa in sé.

  Questi ed altri meccanismi di influenza vengono continuamente adoperati, e possiamo facilmente notarli all'opera quotidianamente. Gli effetti immediati sono da un lato una necessità di schieramento, che impedisce alle persone di costruirsi una posizione indipendente e solida, dall'altro la effettiva impossibilità di un confronto coerente con tesi e programmi della parte politica avversa, di cui ogni aspetto viene squalificato per principio.

  In merito alle leggi, agli indirizzi e alle scelte politiche viene completamente a mancare una pacata e consapevole riflessione, e la scelta politica si riduce ad una fedeltà emotiva di base, che trattiene il cittadino in una area politica e vincola il suo sostegno ad un partito su basi emotive e non logiche o razionali. Le persone votano e sostengono una area politica perché "gli avversari sono inaccettabili." In un ipotetico sistema politico sano, le persone informate sulla realtà dei fatti, sui programmi e sulle personalità candidate dagli schieramenti politici decidono con logica e cognizione di causa a chi dare il proprio voto e sostegno, valutando poi con critica e lucidità l'operato che un governo mette in atto nella durata del suo mandato. Proprio questa valutazione critica permette in seguito di riconfermare la fiducia a quella parte politica o di modificare orientamento ove si ritenga che un altro schieramento possa fare meglio. Ma dove sia impossibile reperire informazioni affidabili, dove la stessa informazione sia continuamente pilotata e squalificata, dove l'attacco politico sia talmente acceso da scatenare reazioni emotive anche feroci e tutti i contendenti dichiarino guerra gli uni agli altri, è ovvio che gli elettori si trovino in una condizione di assoluta mancanza di lucidità. In questo marasma le uniche certezze giungono nell'affidarsi ad orientamenti politici "storici" di riferimento, basati su legami affettivi o scelte adolescenziali, oppure nel compiere una scelta basandosi sulla maggiore o minore "gradevolezza" del messaggio di una parte politica. Quali che siano le motivazioni di una scelta di campo, essa viene poi cristallizzata dal continuo attacco degli avversari, dalla completa squalificazione degli elementi di autocritica, dalla sensazione di lotta che radicalizza le posizioni e costringe tutti a sostenere incondizionatamente la propria parte contro quella avversa, anche in assoluto spregio di valori, contenuti e credibilità delle proprie posizioni. Il cittadino si trova quindi a fare parte della propria tribù politica, a subire gli assalti furibondi (e naturalmente menzogneri) dello schieramento opposto e a identificarsi con i propri leader in una sorta di eroismo artefatto. Abbandonare questo sostegno diventa un atto immorale, un tradimento sleale verso se stessi sul piano emotivo. La propria area politica diventa una tribù.

  L'incertezza sulle informazioni, la scontatezza della continua squalificazione delle idee altrui si lega ad una forte componente emotiva di malintepretata "lealtà politica". La vera vittima di questo imbastardimento della politica è, significativamente, il pensiero critico consapevole delle persone.

© Stefano Re 2002
© Cooper&Castelvecchi 2003