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LA CASA E I FIGLI
  Abbiamo visto come nel mondo del lavoro molti uomini cerchino rifugio nell'ufficio e nelle leggi maschili del mondo produttivo come un delinquente avrebbe cercato rifugio in chiesa negli scorsi secoli, e di come le donne siano giunte a invadere anche quei templi e sfidare la leadership del Maschio anche dietro la scrivania. Ma non tutti gli uomini resistono, scappano o si ribellano. Altri si inginocchiano, in senso metaforico o reale, e salutano le nuove Dee venerandole come tali. Anche di essi abbiamo parlato, poiché sono sempre di più e poiché, benché sopportino umiliazioni, tormenti e ogni altro genere di angheria, sembrano essere molto felici. Siano resistenti o sottomessi, il loro ruolo nella famiglia è inevitabilmente cambiato.

  Una nuova funzione sociale va sempre più diffondendosi tra i Maschi, ed è quella di cura dei bambini. In un mondo che vede le donne sempre più dedite al lavoro, e gli uomini sempre meno sicuri di che cosa desiderino davvero dimostrare e a chi, rivolgere la propria attenzione e le proprie cure alla discendenza diventa un comportamento necessario e utile, oltre che consolante. Se infatti un'intera generazione è rimasta abbandonata da entrambi i genitori nelle mani di bambinaie e babysitter, oggi sempre più spesso i mariti o i compagni delle donne decidono di restare a casa a curare i propri figli, perché la propria moglie procura già un reddito sufficiente, spesso superiore a quello che potrebbero procurare loro, o forse perché, persa la funzione di "procacciare le risorse", devono trovare un ruolo che dia loro se non dignità perlomeno un'utilità. Eppure, anche l'uomo che rimane a casa a badare alla famiglia non recupera il suo primitivo ruolo di autorità. Al contrario, si femminilizza nelle sue reazioni e assume la madre come modello per i suoi comportamenti.

  Le motivazioni di questo meccanismo sono del resto assai comprensibili: il modello di comportamento materno è quello più adatto alla gestione della famiglia, affinato da millenni di gestione domestica femminile. La figura del "mammo" pone però problemi nuovi. Se infatti gli uomini assumono con molte difficoltà il ruolo sostitutivo di madri, le donne non sembrano motivate nel ricoprire quello di padri. Questo provoca la quasi totale assenza della figura del padre: i Maschi non lo vogliono fare più, le donne non lo sanno fare ancora. Il risultato è che i figli restano privi di figure chiare di riferimento. L'unico riferimento che rimane è quello dei media: la televisione mostra i caratteri dell'individuo, insegna ai ragazzi chi sono e chi possono essere. Ma il messaggio dei media è contraddittorio: dove tutto è per definizione fiction, la realtà è una rappresentazione. La minaccia dell'indifferenziazione alza la sua testa di gorgone. Per chi ne ignorasse le conseguenze, occorre accennare che la maggior parte dei comportamenti criminali, in particolare quelli più violenti ed efferati, vengono commessi da soggetti che riportano gravi problemi di identità sessuale. L'indifferenziazione non è un fenomeno da prendere alla leggera: la costituzione di una identità è una esigenza umana persino più fondamentale della fame o della sete. Intere generazioni rischiano di crescere in un clima di profonda confusione di identità, con conseguenze imprevedibili.

  Sono necessari nuovi modelli di famiglia che siano stabili e a cui i figli possano fare riferimento. Non siamo nella condizione di indicare quali siano le strade da percorrere, come non siamo in grado di affermare se il ritorno a tradizionali ruoli maschili, che i movimenti per la salvaguardia del Maschio auspicano, sia o meno praticabile, o se al contrario la società debba accentuare il ritmo del cambiamento e giungere a una nuova e differente forma di equilibrio. Lasciamo al lettore il giudizio su queste questioni, augurandoci di aver gettato luce su un fenomeno importante e fornito validi spunti di riflessione.

© Stefano Re 2003
© Cooper&Castelvecchi 2003