Skorpio's Home Page
My Books


CINEMA E RUOLI
   Nel cinema, il modello maschile di eroe contemporaneo, che potremmo chiamare John Wayne o Charlton Heston, forniva un'immagine dell'uomo e della donna che, pur già notevolmente ingentilita rispetto ai criteri del secolo XVIII, lasciava comunque al Maschio alcune prerogative, tra cui appunto la difesa dai pericoli, principalmente dalla malvagità e dalla violenza di altri uomini. Gli stereotipi che nel cinema raccontano questo tipo di relazione sono molteplici: dall'eroe del Far West, parco di parole e pronto con le pistole e i pugni, all'eroe di guerra, che nella guerra e tramite essa si esprime e, pur senza amarla, vi trova ragion d'essere.

  Questo modello maschile viene messo fortemente in discussione dall'arrivo dell'antieroe negli anni Settanta con il cinema di una Hollywood contestatrice in cui Dustin Hoffman rimette in discussione ruoli e attributi, denunciando la brutalità maschile e presentando dei protagonisti fragili, deboli, spaventati e per nulla imbattibili, che testimoniano una nuova sensibilità molto femminile. Ma dobbiamo giungere agli anni Ottanta per vedere sul grande schermo i sintomi di un ulteriore mutamento culturale. Contemporaneamente il modello di macho viene messo in discussione con film come Il braccio violento della legge, in cui non sono la malvagità né la stupidità ma è la stessa ansia di affermare la propria forza a trascinare al fallimento l'eroe di turno, un Gene Hackman che ricorre a tutti i suoi espedienti di poliziotto duro per incastrare un grosso spacciatore e finisce con l'uccidere per sbaglio un suo collega. Questo film disegna molto bene la crisi del macho, i cui muscoli e la cui brutalità non servono più a nulla, anche quando sono sorretti da ottime intenzioni e giuste cause, bensì generano fallimento e rovina per lui e per ciò che tenta di fare.

  Se l'arrivo dell'antieroe ha in grande misura posto sotto critica il machismo, con la comparsa di personaggi femminili che assumono ruoli combattivi per difendere se stesse e i bambini, quando non addirittura degli uomini, dal nemico, il ruolo maschile diventa obsoleto. Emblema di questo nuovo tipo di personaggio è ad esempio il maggiore Ripley, ufficiale di bordo di navi spaziali interpretato nella saga di Alien dalla statuaria Sigourney Weaver. Ripley è una donna che, fin dal primo dei film della serie, si trova a dover affrontare un alieno dalle mostruose caratteristiche aggressive. Se nel primo film, datato 1979, Ripley si difende e tenta solo di sfuggire al mostro, riuscendo peraltro dove l'intero equipaggio fallisce e viene ucciso e divorato, nel secondo episodio del 1987 il ruolo della "nuova donna" emerge completamente: chiamato in soccorso da una colonia infestata dagli alieni assassini, un commando di Marines porta con sé Ripley come guida e conoscitrice del fenomeno. Ma i supermaschili Marines (tra di loro anche una donna che di femminile non ha più nulla) vengono velocemente uccisi uno dopo l'altro dai mostri. Per salvare se stessa, il capo dei Marines e una bambina, la donna dovrà affrontare con lanciafiamme e lanciagranate a tracolla orde di mostri terrificanti che hanno sbaragliato. L'abdicazione del genere maschile dal ruolo di paladino è simboleggiata dal sergente dei Marines, ferito e invalido, curato e assistito ma anche salvato dalla intraprendente Ripley.

  Uno degli aspetti più significativi di questo personaggio è la sua validità di donna a tutto campo: materna con la bimba sopravvissuta, al punto da essere l'unica in grado di conquistare la sua fiducia e superare la barriera di silenzio che il trauma le ha imposto, coraggiosa fino allo spregio della propria vita nell'affrontare ogni rischio per salvare chi è in pericolo, implacabile fino alla ferocia con i terribili nemici alieni. Nel film la figura degli alieni risulta particolarmente significativa sotto vari aspetti. Anzitutto, scegliendo dei mostri che provengono da un altro pianeta si permette al personaggio guerriero di scatenare tutta la propria violenza senza che essa sia associata alla lesione di un altro essere umano o di un animale - benché feroce - del nostro ecosistema. Alien è il prototipo del "nemico assoluto": orribile, disumano, crudele nella sua strategia di battaglia (immobilizza gli umani per usarli come ospiti delle proprie larve) e implacabile. E Ripley nel duello finale affronta nientemeno che la Regina degli alieni, Femmina e madre degli incubi che la donna ha ucciso fino all'ultimo. In questo duello persino il nemico è Femmina, quasi a suggerire che qualsiasi razza l'universo possa generare, comunque Femmina ne sarà il campione.

  Si noti come nel cinema la figura del Maschio macho non sia affatto svanita, abbia al contrario assunto un vigore e dei toni sempre più esasperati, movendo da Rocky, il pugile sfigato che realizza il sogno americano, a Indiana Jones, scaltro avventuriero assieme colto e rozzo. La galleria assume poi toni sempre più astratti e irreali con i personaggi inverosimili che Silvester Stallone inanella, dai seguiti di Rambo (sul primo episodio della serie apriremo una doverosa parentesi nel prossimo paragrafo) e di Rocky ai vari personaggi "duri ed eroici" che faranno da battistrada a un intero genere, definito eufemisticamente "cinema d'azione", e popolato da figure maschili totalmente stereotipate di cui Jean Claude Van Damme è un interprete recidivo. Più gustoso e sottile il percorso degli eroi raffigurati da Arnold Schwarzenneger, che già con il primo Conan introduce una visione assai interessante del "nuovo eroe" tratto dal fumetto, che vive solo nella fantasia senza alcuna pretesa di verosimiglianza.

  Questo Maschio recupera ogni aspetto del macho eroico tradizionale, ma lo trasfigura in una rappresentazione onirica, sganciata dal piano del reale. Il Maschio Dominante diventa un fumetto, un'icona degna di cartoline, da riporre tra le figurine adesive dei supereroi. Curioso l'intero repertorio di Schwarzenegger, i cui personaggi offrono sempre un lato ironico, evitando di nutrirsi del più genuino senso nostalgico per la mitologia eroica e aggiungendo sempre pennellate piacevolmente autoironiche.

  Degno di nota è che questa icona del muscolo e della mascolinità realizzi un film in cui, grazie ai progressi scientifici, rimane "incinto", sperimentando le fasi e le emozioni della maternità. Il cinema, insomma, fornisce negli anni Novanta modelli di un uomo sempre più in crisi di identità, goffo nella sua forza, inutile nella sua brutalità, sciocco nel suo orgoglio, spiazzato da una donna che esplora senza tema il mondo maschile e ne scala i livelli di potere, ma che rimane misteriosa e incomprensibile ai suoi occhi.

  In conclusione si nota come i tratti maschili cinematografici per eccellenza nel cinema, celebrati fino agli anni Sessanta e poi sottoposti a spietata critica, restino attribuiti sempre di più a immagini stereotipate, irreali, spinte verso il fumetto e la rappresentazione simbolica, mentre il cinema realistico ci propone sempre di più l'immagine di un uomo emotivo, attento, curato nel corpo, raffinato nei modi e sensibile all'ambiente: in una parola, un uomo sempre più vicino al Drive Femminile.

© Stefano Re 2003
© Cooper&Castelvecchi 2003